Stefano Biancu

La poesia e le cose

Su Leopardi

Informazioni
Collana: Itinerari filosofici
2006, 238 pp.
ISBN: 9788884834027
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Sinossi

Leopardi non si lamenta dell’impossibilità teorica di affermare un infinito oltre il finito. In questione è per lui piuttosto il non darsi di un “infinito terreno” che sia ad un tempo visibile udibile gustabile tastabile annusabile. È la “vanità” delle cose, la loro strutturale incapacità ad appagarci pienamente, ciò che il “vero” – misura: essenzialmente cognizione di limiti e confini – non può mancare di annunciare: una radicale ingratitudine, un’ostinata obiezione a riconoscere che queste cose non sono affatto nulla, pur nella loro irrimediabile fragilità. Non si tratta ai suoi occhi né di negare il limite né di assolutizzarlo, ma piuttosto di leggerlo in rapporto continuo “coll’infinito e coll’uomo”: di lasciare che sia il desiderio a cogliere l’oltre che ogni limite, proprio in quanto limite, annuncia. Un’illusione: ciò che è più vero del vero. L’icona più tipicamente leopardiana di tale operazione è certamente la siepe de L’Infinito, allorché, concludendo le possibilità dello sguardo, apre orizzonti “interminati” e “sovrumani”.