Concepito per la radio francese nel 1948 e subito colpito da un provvedimento di censura prima della messa in onda, Per farla finita con il giudizio di dio è uno dei più corrosivi lavori di Artaud, e probabilmente la massima espressione di quel “Teatro della crudeltà” da lui teorizzato.
Una poesia che prende forma di visione, grido, gesto profetico, performance e rivolta antimetafisica: l’uomo è torturato, costretto in un corpo che non gli appartiene, espropriato e corrotto da un potere di volta in volta politico, giudiziario, psichiatrico. Poco si salva dalla ferocia critica dell’autore: non l’America, né i preti, né tantomeno Dio, principale imputato di questo verdetto senza appello. Un testo di riferimento per tutte le avanguardie del XX e XXI secolo.
Antonin Artaud (Marsiglia, 1896 – Ivry-sur- Seine, 1948), drammaturgo, attore, saggista e regista, francese. Introdusse una forma teatrale nota come “Teatro della crudeltà”, ispiratore del “Living Theatre” e di alcune correnti del teatro moderno. Internato per quasi dieci anni in una clinica psichiatrica, Artaud ha continuato a scrivere e disegnare fino alla sua morte.
Tra le sue opere tradotte in italiano: Al paese dei Tarahumara e altri scritti (1966), Il teatro e il suo doppio (1968), che è uno dei suoi scritti fondamentali, Eliogabalo o l’anarchico incoronato (1969), Van Gogh il suicidato della società (1983), Vivere è superare se stessi (2000), Poesie della crudeltà (2002), Succubi e supplizi (2004), Balthus e i surrealisti (2008).
ISBN | 9788857560335 |
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Pagine | 164 |
Data di pubblicazione | 2019 |
Autore | Antonin Artaud |
A cura di | Marco Dotti |
Postfazione di | Antonio Caronia |
Collana | Volti |
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Mattia Mantovani - La Provincia, 26 gennaio 2020
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