Marcuse, nello spazio di una filosofia critica eminentemente negativa, riuscì a ritagliarsi uno spazio positivo per pensare la felicità come condizione da raggiungere, perché in qualche misura presente, in germe, sin dall’inizio della nostra esistenza. L’arte ci fa intravedere questa dimensione: il piacere in cui essa affonda costituisce un medium relazionale privilegiato. L’arte ha una portata di libertà sia in quanto tale, nell’irrealistico dell’apparenza, sia – all’opposto – nel rifluire nella realtà di una società che l’abbia per modello. Nel corso del proprio pensiero Marcuse oscilla fra l’una e l’altra intenzione. Prendendo come interlocutori di volta in volta Heidegger e Dilthey, Hegel e Marx, Freud, Kant, Schiller e – sottaciuto – anche Schelling, egli costruisce la sua riflessione in funzione della prefigurazione di spazi, alternativi al coattivo della società a una dimensione, aperti dall’immaginazione estetica.
Vittorio d’Anna insegna Storia della filosofia contemporanea presso il Dipartimento di Filosofia e Comunicazione dell’Università di Bologna. Ha lavorato su Lukács, Simmel, Bloch, Gehlen, Kant, Marcuse, nonché sulla filosofia italiana fra Otto e Novecento. È direttore della rivista “Dianoia”. Fra i suoi libri ricordiamo: Il denaro e il “Terzo Regno”. Dualismo e unità della vita nella filosofia di Georg Simmel (1996), L’uomo fra natura e cultura. Arnold Gehlen e il moderno (2001), Max Scheler. Fenomenologia e spirito del capitalismo (2006), Il Dio in tensione. Uomo e mondo della vita nella metafisica di Max Scheler (2011).
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