Composte per lo più fra il 1795 e il 1797, le diciassette Satire alfieriane esprimono un’indignatio congeniale allo scrittore, tanto più nei panni del moralista che osserva i mali della fine del secolo scossa da quel teatro di sangue che fu la Rivoluzione francese. A questo epilogo della cultura dei Lumi Alfieri guarda da una prospettiva scopertamente “misogallica” che colpisce in primo luogo la lezione dei philosophes e soprattutto di Voltaire, giudicato senza appello come l’artefice della corruzione del pensiero sfociata nella Rivoluzione. L’ostilità contro i nobili di corte, l’intolleranza della borghesia e della plebe, la condanna dei falsi miti dell’Illuminismo sono gli umori solitari che attraversano l’aggressività verbale della maggior parte delle Satire. E in controluce agisce prepotentemente, non solo nella tonalità e nelle cadenze dello stile, la lezione di Dante, severo nel denunciare i mali dell’età sua e libero nell’esprimerli.
Gabriella Fenocchio, docente e ricercatrice, è studiosa del giornalismo emiliano del Settecento e di storia letteraria del Novecento, in particolare delle varie forme del romanzo e dell’opera di Beppe Fenoglio, argomenti su cui ha pubblicato diversi saggi. Allieva di Ezio Raimondi, di cui ha curato Ombre e figure. Longhi Arcangeli e la critica d’arte (2012, in coll.), è autrice dei volumi Il Novecento. Da Pascoli a Montale (2004). All’Alfieri ha dedicato di recente la monografia Vittorio Alfieri (2012).
ISBN | 978-88-5754-251-5 |
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Pagine | 410 |
Data di pubblicazione | 2017 |
Autore | Vittorio Alfieri |
A cura di | Gabriella Fenocchio |
Collana | Testi italiani commentati |
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Carlo Caruso - Corriere del Ticino, 3 luglio 2018
"Quando il commento riavvicina ai classici"
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