History is a story, dice Simon Schama. Se si prende sul serio questa battuta, cadono di colpo le barriere tra realtà e fiction. Si spalanca uno spazio fertile, dove storia e letteratura, reciprocamente fecondate, rivendicano lo stesso grado di realtà. Così Les Bienveillantes, il sorprendente best seller di Jonathan Littell (Prix Goncourt 2006), “illumina” un tragico segmento di storia novecentesca (l’occupazione nazista di Parigi tra il 1941 e il 1944) e lascia emergere contaminazioni imprevedibili: Max Aue, il protagonista letterario, riveste insensibilmente i panni di un personaggio storico tra i più controversi del Novecento — Ernst Jünger. È un processo di progressiva e forse incontrollata mimesi, al termine del quale l’autore delle celebri Strahlungen rivela di sé molto più di quanto l’accurata, spesso reticente revisione post-bellica dei testi diaristici lasciasse finora intravedere.
Giuseppe Raciti insegna filosofia teoretica a Catania. Ha curato l’edizione italiana di opere di Jünger, Bachofen, Hamann, Lukács. È autore, fra l’altro, della raccolta di saggi Cinque scritti delfici, Trento 2004 e dello studio MECHANE. Hegel, Nietzsche e la costruzione dell’illusione, Napoli 2000.
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